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Backcasting to the Futures

Il futuro non è immutabile, è uno spazio modellabile attraverso azioni strategiche. La metodologia del Futures Thinking, e in particolare il backcasting, consentono di identificare scenari desiderabili e tracciare i passi per realizzarli. Partendo da un futuro preferibile, e con il supporto dell’AI, si lavora a ritroso per pianificare risorse e competenze necessarie, trasformando visioni a lungo termine in roadmap strategiche. Il resto è tutto in mano all’azione umana.

Serena Tonus
Design Director

23.01.2025 - 5 min di lettura
Illustrazione con molteplici case di forma cubica che fluttuano sopra a un lago, illuminate da luci arancioni.

Negli ultimi decenni, il futuro è stato spesso dipinto come un incubo inevitabile, un’apocalisse imminente. Dal Millennium Bug degli anni ’90 alle angosce legate al cambiamento climatico, dalle minacce di guerre nucleari agli scenari post-apocalittici della cultura pop, fino alla paura odierna che l’intelligenza artificiale ci rubi lavoro e benessere: viviamo immersi in una narrazione pervasa di pessimismo. È come se fossimo spettatori passivi di un disastro annunciato, un destino che ci sovrasta e sul quale non abbiamo alcun controllo.

La proiezione e identificazione di futuri troppo negativi (ma anche al contrario troppo positivi) genera un effetto domino sulle persone. Crea un blocco, l’ansia, la rinuncia ad agire e può portare a una serie di effetti deleteri sia a livello individuale che organizzativo come il “disempowerment” o “l’autoavveramento della profezia” o la “paralisi decisionale”.

Insomma non proprio l’ideale. D’altro canto anche proiezioni di futuri esageratamente utopistici rischiano di portare a scelte un po’ avventate.

Curiosamente, però, anche in tempi prosperi tendiamo a guardare al futuro con pessimismo. Nel 1997, un periodo positivo e pieno di ottimismo, Wired pubblicò un articolo in cui delineava un futuro prospero per l’umanità, a meno che non si fossero realizzati dieci scenari negativi. Nonostante l’aria di speranza dell’epoca, molte di quelle previsioni si sono avverate, dimostrando che non basta proiettare un futuro, ma è l’agire per non far avvenire il peggio e per far avverare il meglio, che è la chiave strategica e tattica per aziende e società.

Copertina di Wired del luglio 1997 sul lungo boom

Molti degli scenari negativi che secondo l’analisi dell’epoca “potevano accadere” sono avvenuti. Questo poiché erano i cosiddetti Elefanti Neri, ossia l’elefante nella stanza: situazioni note ma ignorate finchè non sono diventate eventi così impattanti da ridefinire il futuro e il presente.

Dobbiamo ricordarci che la percezione negativa non è la realtà. Il futuro non è scritto, né è un’entità indipendente che si sviluppa inesorabilmente verso il peggio. Al contrario, è uno spazio che possiamo ancora modellare. È l’azione il passaggio importante.

Attraverso la metodologia del Futures Thinking, abbiamo la possibilità di agire analizzando trend e segnali di cambiamento, che possono avere un impatto sul domani e quindi sui futuri possibili, probabili e preferibili.
Il metodo si basa sull’individuazione, fra gli scenari possibili, di quelli preferibili. E qui comincia il bello: capiamo come raggiungere il futuro migliore per noi. La tecnica in questione è il backcasting.

Il backcasting parte dalla definizione di uno scenario di futuro desiderabile/preferibile e lavora a ritroso per individuare i passi necessari per realizzarlo. Consente di reagire alle crisi quando queste sono già in atto, e anche di attivarsi in maniera proattiva per costruire passo dopo passo il futuro preferibile per noi, l’azienda, o la società a seconda del focus per cui utilizziamo le metodologie del Futures Thinking.

Tornare indietro rispetto ad un futuro ipotizzato ci permette di riflettere su domande concrete: abbiamo gli strumenti adatti, le risorse sufficienti, dobbiamo iniziare ad investire in certe tecnologie? Dobbiamo abilitare i nostri collaboratori a crescere e aumentare le loro competenze in certe aree? Cosa può succedere che possa impedire il realizzarsi dello scenario?

Il “Cono dei Futuri”, una visualizzazione che distingue tra futuri possibili, plausibili, probabili e preferibili. Le nostre decisioni attuali possano influenzare il percorso verso scenari desiderabili.

È proprio qui che entra in gioco l’importanza dell’azione concreta. Gli scenari previsti da Wired nel 1997 si sono rivelati corretti proprio perché abbiamo vissuto per anni ignorando l’elefante nella stanza, permettendo che le problematiche previste si materializzassero senza intervenire.

Se analizziamo un po’ di più l’attività di backcasting ci accorgiamo subito che una volta definito un futuro da qui a 10 anni, per capire come arrivarci, bisogna chiederci “E quindi tra 7 anni dove dovremmo essere? E tra cinque? E quindi tra 3 anni?”
Per concretizzare questi passaggi dobbiamo definire quali siano i requisiti e gli ostacoli alla realizzazione del futuro desiderabile e trasformare questi in obiettivi. Per poi ripetere il procedimento da capo.

Questo processo rende molto più semplice la concretizzazione e la definizione di una roadmap strategica accompagnata anche da iniziative tattiche implementabili nel breve termine, di creare la connessione tra oggi e il futuro desiderabile. La progettazione così perimetrata permette già oggi di poter progettare prodotti e servizi che non diventino facilmente obsoleti.

Oggi l’intelligenza artificiale, con la sua capacità di elaborare enormi quantità di dati e di individuare pattern invisibili agli esseri umani, può diventare un potente alleato in questa missione. Se la paura distopica che spesso accompagna le narrazioni sul futuro è alimentata dai nostri bias e dalle emozioni del presente, l’intelligenza artificiale, con la sua capacità di fornire una visione basata sui dati, può aiutarci a superare alcune di queste distorsioni. Può identificare trend emergenti, segnali deboli e opportunità nascoste, offrendo una bussola in un mare di incertezze, e aiutarci a definire un futuro più obiettivo.

Illustrazione di una scena futuristica di una donna in tailleur rosa che indossa occhiali per la realtà aumentata, con in mano un telefono e una valigia in stile vintage.
Illustrazione di una stazione di treni futuristica con eleganti capsule, un'architettura vivace, luci sospese e una vista panoramica sulle montagne sullo sfondo.

Ma non basta. È fondamentale riconoscere che l’AI, essendo addestrata su dati generati dall’umanità, eredità inevitabilmente i nostri stessi pregiudizi e bias. Questi non sono intrinsechi alla tecnologia, ma sono il riflesso delle nostre società, delle nostre scelte, dei nostri preconcetti storici e culturali. Per questo motivo, l’AI deve essere guidata da una serie di valori positivi, inclusivi ed etici: questo è l’input fondamentale dell’essere umano. Sta a noi assicurarci che i dati su cui addestriamo questi sistemi siano rappresentativi, equilibrati e privi di pregiudizi dannosi. Dobbiamo orientare la tecnologia verso obiettivi che riflettano i nostri migliori ideali, consapevoli che la qualità etica dell’output dipenderà dalla qualità etica dell’input che forniamo.

Non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale cambierà il mondo, ma come possiamo fare in modo che ci aiuti a indirizzarlo verso il meglio? E questo implica un profondo lavoro politico, culturale e sociale.

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